Letterina di una precaria cosentina a San Precario


Caro San Precario,
sono una delle tante precarie di Cosenza, vittima della giungla lavorativa.
Sono cassiera di uno dei tanti grandi supermercati, sono lavoratrice a progetto in uno dei tanti call center, sono una migrante, una pensionata,una lavoratrice in nero, una precaria della pubblica amministrazione.
Sono sempre io che pago le riforme necessarie, che devo fare i sacrifici per far uscire l’economia dalla crisi. Come se l’avessi creata io la crisi, come se avessi investito io nei titoli tossici o avessi fatto le leggi che precarizzano il mercato del lavoro. Io, invece, sono quella parte nascosta e silenziosa della società che permette all’economia di girare, alle merci di essere vendute e prodotte, ai servizi di essere garantiti, al mercato di ingrassare padroni e banchieri.
Svolgo il mio lavoro con il ricatto che incombe sempre sulla mia testa: mentre non ho la garanzia di un reddito devo sempre pagare un affitto, devo fare spesa, devo mantenere me o un intera famiglia.
Lavoro costantemente sottopagata, perchè in questa giungla siamo un intero e numeroso esercito di disperati pronti ad offrire il proprio cervello, le proprie braccia, a qualsiasi prezzo pur di avere un po’ di reddito.
Lavoro costantemente umiliata, perchè sono come un suddito davanti al proprio sovrano che in qualsiasi momento può dirmi che sono “inutile” o “superflua” perchè lo dice il mercato.
Intanto una pensione che mi permetterà di sopravvivere non ce l’avrò mai, perchè non avrò mai visto l’ombra di un contributo previdenziale.
Vivo senza nessuna prospettiva, senza nessun futuro, senza nessun progetto e nemmeno sogno perchè non ci sono sogni che durano qualche mese, come i miei contratti.
Vivo incattivita, perchè quello che ho di fianco è il mio rivale che lotta contro di me, per una miseria da portare a casa e non è il mio fratello, compagno e amico che dovrebbe lottare con me, insieme a me, contro chi ci sfrutta.
Così, mentre un esercito di disperati è costretto a sottostare ad un ricatto quotidiano per sopravvivere, pochi padroni, banchieri e speculatori si arricchiscono spudoratamente grazie alla nostra precarietà. Mentre la maggior parte della società non arriva a fine mese, il 10% si prende più della metà della ricchezza.
Nel frattempo i governi, di qualsiasi colore, fanno a gara per tassarci e precarizzarci ancora di più succhiandoci la richezza necessaria alle banche per garantire compensi milionari a banchieri plurimilionari.
San precario mi rivolgo a te, perchè voglio unire questa marea precaria diffusa!
Perchè è arrivato il momento di imporre il nostro punto di vista, il punto di vista del 99% della società che paga una crisi che non ha creato.
Non ho fatto la brava quest’anno: ho lottato, resistito e combattuto. L’anno prossimo sarò ancora più cattiva..
Perchè voglio reddito per uscire dal ricatto quotidiano, per avere diritti senza dover elemosinare nessun favore.
Perchè voglio il diritto all’insolvenza: non pagherò nulla di questo debito illegittimo creato dagli speculatori e dai padroni. Non pagherò nulla e anzi mi riprenderò tutto quello che ho prodotto e non mi è stato pagato, tutto quello che hanno accumulato grazie al mio sfruttamento quotidiano.
Non voglio essere più precaria, perchè non me ne frega nulla di ascoltare il mercato ma mi interessa costruire la giustizia sociale per garantirmi e garantire eguaglianza, dignità e diritti.
Non abbiamo bisogno di farci rappresentare, siamo già il 99% della società. Non ascolteremo nessun governo delle banche, imporremo il punto di vista dei precari:
Il punto di vista del 99% della società!
San Precario, illumina il nostro cammino ! Amici, fratelli, compagni e precari lui è il solo santo che ci può salvare, l’unico Santo che non vuole preghiere ma che chiede lotta e resistenza per far valere i nostri diritti!

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